Qui di seguito le tre tracce tra cui scegliere.  I vostri testi dovranno essere consegnati (o postati qui sul blog) entro mercoledì 18 aprile.

Vi ricordo di:

  1. prendervi il giusto tempo per scrivere un tema (e non una misera collezione di frasi)
  2. leggere bene la traccia per capire cosa vi viene chiesto
  3. fare uno schema o comunque mettere giù le idee prima di scrivere
  4. rileggere e correggere prima di consegnare. Andatevi a rivedere le “regole” che ci siamo dati nell’articolo che trovate a questo link

Traccia 1

Vai all’articolo Razzismo? Ne parliamo alla Feltrinelli e ascolta le interviste, vai nella sezione di questo blog Migranti ma non solo e rivedi quali sono gli articoli e gli spunti di cui abbiamo parlato quest anno (testi, video, commenti, ecc.); aiutati se vuoi anche con l’antologia o con altri materiali che conosci o che puoi trovare e scrivi un testo in cui dici cosa pensi tu del razzismo e perché; quali sono, secondo te, le ragioni che portano le persone ad essere razziste o ad avere dei pregiudizi negativi su alcuni gruppi di individui e cosa, secondo te, sarebbe bene fare  per educare i ragazzi al rispetto e all’integrazione delle diversità.

Traccia n.2

Immagina di essere un importante studioso di letteratura e di essere stato invitato da una classe di studenti di 3a media a tenere una lezione su un autore dell’800 o del 900.  Sei stato prescelto tra tanti e non puoi permetterti di fallire.

Scrivi il testo della tua relazione (la presentazione dell’autore, di alcuni suoi testi a partire da quello che abbiamo letto o detto in classe ma anche da quello che potresti conoscere tu). Ricordati che per coinvolgere il tuo pubblico dovrai esporre in modo chiaro e trovare i punti più interessanti, curiosi, facendo degli esempi precisi presi dai testi in modo che i ragazzi ti possano capire. Per loro è importante che tu spieghi il perché delle tue affermazioni.

Traccia n. 3

“Non capivo perché si comportava così…”

Continua tu, raccontando una vicenda realmente accaduta che è stata per te importante perchè ti ha mostrato lati inaspettati di qualcuno oppure inventando un racconto su una situazione simile.

10 Commenti a “Nuove tracce per allenarsi a scrivere”

  • J.Page scrive:

    Traccia 1.
    È colpa degli _______ che ci rubano il lavoro.
    Quante volte abbiamo sentito quest frase? Più
    la sento e più penso che questa frase non abbia
    motivo di esistere, specialmente negli stati
    più avanzati e globalizzati come il nostro.
    In oltre Inoltre sin dalle elementari ci è stato detto
    più e più volte che il razzismo e la xenofobia
    sono cose brutte, quindi è normale che la gente
    si arrabbi quando gli dai del razzista o dello
    xenofobo.
    In oltre Inoltre non esiste solo il razzismo nazista o
    quello che spesso si vede nei film per le
    persone di colore da parte degli americani (una
    nazionalità a caso), ma esiste anche un altro
    tipo di razzismo che è quasi involontario,
    perché sono idee che ti entrano in testa e tu
    ti convinci della veridicità di esse senza però
    che tu ti renda conto della loro gravità di esse.
    Ad esempio, mi ricordo che quando ero piccolo
    alcuni adulti (non i miei genitori) dicevano
    che gli zingari ci potevano portare via se
    rimanevamo soli troppo a lungo o che i Romeni
    ed i Marocchini entrano nelle case a derubare
    ed uccidere vecchiette indifese con dei
    coltellacci da macellaio e cose di questo
    genere.
    Queste convinzioni sono rafforzate da ciò che
    viene detto in tv, alla radio e sui giornali
    che spesso mettono in evidenza le notizie che
    mettono in cattiva luce gli extracomunitari.
    Inoltre per via della disoccupazione che c’è in
    Italia è facile dare la colpa a qualcun’altro,
    infatti in questo modo si è personificato il
    problema del lavoro con gli extracomunitari che
    “ce lo rubano”;dando la colpa a qualcosa o
    qualcuno in particolare fa pensare al popolo
    che risolvere il problema sia più facile.
    Ciò mi ricorda molto la situazione della Germania prima della seconda guerra mondiale.

    Testo scritto in modo corretto; il contenuto va abbastanza bene ma 1) puoi approfondire con esempi e riferimenti ciò che scrivi; 2) non c’è nessun collegamento a quanto fatto, letto, discusso in classe durante l’anno; 3) non c’è nulla relativamente a quanto richiesto alla fine della traccia. Insomma il contenuto non risponde pienamente a quanto richiesto

  • αngi scrive:

    Cosa penso del razzismo?
    Bella domanda, non ho mai pensato seriamente a cosa penso del razzismo, ma ora che rifletto di cose da dire ce ne sono eccome.
    Il razzismo per me è un modo di pensare diversamente da altre persone.
    Ed è anche giusto che ognuno dica la propria, ma ovviamente senza offendere un certo tipo di persone, come quelle di colore ecc..
    Il razzismo è una piaga sociale, che spinge le persone a credere che solo una persona di colore può rubare o ingannare, ma ecco una novità gente, anche noi siamo di colore, esatto siamo “ rosa” e quindi? Ecco il rosa è così perfetto? Noi siamo così perfetti da trattare in modo diverso persone che sono “ marroni” ?
    Ma non solo noi mettiamo in evidenza e cerchiamo di tenere lontano dalla società le persone che non sono “ come noi”, ma anche il telegiornale o i giornali fanno lo stesso errore.
    Un esempio, un articolo di giornale che dice: “due uomini e uno zingaro coinvolti.” Ovviamente questo è un esempio, ma se ci fate caso ci sono delle volte in cui lo scrivono o lo dicono al telegiornale, comunque ho messo in questione questo fatto perché voglio fare una domanda a tutte le persone che stanno leggendo: “ Perché due uomini e non tre?”
    Del resto lo zingaro è un uomo, non potete dire il contrario, perché mettete in evidenza e fate si che le persone notino solo lo zingaro e possano farsi ancora più pregiudizi di prima?
    Abbiamo visto anche un video, in classe, sempre su questo argomento; il video raccontava di una signora che viene derubata da un uomo “ di colore” vestito elegantemente, perché non ha avuto il minimo dubbio che un uomo così potesse derubarla; poi arrivata ad un bar per mangiare crede che un uomo sempre “ di colore” le abbia rubato l’insalata perché, al contrario, era vestito in modo trasandato. Alla fine però l’uomo si è dimostrato un uomo educato che le ha offerto anche il caffè. Ecco una dimostrazione di…… COMPLETARE LA FRASE PER RENDERE PIU’ CHIARO CIO’ VUOI DIRE
    Da piccolo ti insegnano a non parlare con gli sconosciuti, mi sembra giusto, ma molti genitori tendono a insegnare ai bambini che le persone “ di colore” sono pericolose e che gli zingari sono persone poco raccomandabili.
    Quindi, io mi chiedevo sempre: “Perché sono delle persone poco raccomandabili?”
    Poi mi hanno detto che rubano e fanno atti di vandalismo, io sono rimasta basita e alle elementari non ero molto contenta di avere una zingara in classe.
    Poi ci ho fatto amicizia e ho scoperto che era una ragazza piena di sogni ed intelligente.
    Il punto è che prima di avere dei pregiudizi su qualcuno, bisogna conoscere la persona; ovviamente le raccomandazioni che fanno i nostri genitori, sono di non parlare con gli sconosciuti e non con le persone di “colore “ ecc. ma in generale.
    Quindi il punto è questo, le persone di ogni colore fanno sbagli, nessuno è perfetto ovviamente non è che sono la prima a dirlo.
    Quindi finisco con farvi una domanda: “ Se voi foste giudicati a prima vista e, per come siete vestiti, veniste ignorati, non calcolati, trattati come persone non normali, come vi sentireste?”
    Perché è proprio di questo che le persone che sono “ vittime” di pregiudizi, sono sottoposte ogni giorno.

    Bene la scrittura, fai attenzione alla punteggiatura (non la virgola tra sogg e pred!). Per quanto riguarda il contenuto potevi inserire maggiori riferimenti a quanto letto, visto, ascoltato in classe come richiesto dalla traccia e sviluppare il punto finale che qui non compare. Attenzione: prima di scrivere bisogna sempre leggere la traccia fino alla fine e prepararsi a toccare tutti i punti richiesti!

  • $[dj_ BrIk]$ scrive:

    Il razzismo è una grande discriminazione, a mio parere senza motivo di esistere.
    Ma che cos’è la discriminazione? Nel caso del razzismo è un grande fenomeno di allontanamento di persone “diverse” dato a crearsi a causa della paura.
    Ma rispetto a che cosa c’è questa paura? Meglio: Ma da che cosa nasce questa paura?
    La paura è data dal fatto che non si conosce e normalmente si ha paura di ciò che non si conosce.
    Gran parte della paura però è data dal fatto che dietro a queste persone aleggino stereotipi, questi stereotipi ci blindano nella qualità di pensiero (condizionano i nostri pensieri) e nei rapporti con queste persone.
    Purtroppo il razzismo esiste da sempre e per combatterlo serve soltanto che le persone usino il loro buon senso e si rendano conto che a volte ciò che si pensa è un errore.
    Personalmente penso che il razzismo sia una piaga sociale perchè in un solo attimo distrugge una persona e il suo carattere, il suo essere, sminuendolo a una stupida e insignificante parola quale “negro” oppure “giallo” o anche “bianco”.
    Chi c’è realmente dietro a quel nero? O a quel bianco? Se tutti si ponessero questa domanda penso che il livello sociale delle persone si alzerebbe.
    Cosa importante è anche pensare che quella persona che spesso si sminimizza sminuisce come “africano” ne soffre perchè chiunque ha una cultura che vorrebbe fosse rispettata.
    Ma noi cosa vediamo, siamo sinceri, con di noi stessi? Collegandoci al film “Terraferma” come vi classifichereste? Persone da festa o coloro che aiutano gli immigrati che arrivano?
    Io penso che mi classificherei nelle persone da spiaggia perchè, come penso o possano dire tutti, è facile parlare ma prendere atto di ciò che si dice è difficilissimo.
    Viviamo in una società di bugiardi buoni a parlare e non a fare perchè penso che quasi nessuno pensa veramente o metterebbe in atto ciò che pensa.
    Quante volte ignorantemente con ignoranza ci capita di dare dell’immigrato ad uno straniero qualsiasi.
    Prima di dirlo bisogna sapere CHI E’ un immigrato.
    Un immigrato è una persona che per arrivare fino a noi ha patito dolori e ha fatto sacrifici immaginabili.
    Parlando di immigrati, spesso i loro diritti vengono calpestati come è succeso pochi anni fa.
    La marina militare italiana ha ingannato diversi immigrati che vennero malmenati e riconsegnati alle autorità libiche.
    Trovo che sia una vergogna per l’umanità che ancor oggi avvenghino avvengano certi fatti.
    Tutto ciò non aiuta affatto l’integrazione che potrebbe essere una reltà che aiuterebbe ad eliminare il fenomeno del razzismo.
    Ma il nostro comportamento contribuisce ancora di più a far sì che non si integrino stranieri in questo paese, i figli di stranieri nati in Italia non hanno ancora il diritto alla cittadinanza italiana.
    Sembra che qualcosa si stia muovendo dato che il presidente Napolitano abbia ha tenuto un discorso a riguardo.
    L’interesse per l’argomento in questione e il modo con cui si affronta sono cambiati e diverse associazioni tra cui Il Razzismo è una brutta storia stanno prendendo piede; ciò è positivo perchè sicuramente le persone si staranno accorgendo che in fondo la diversità è solo nel fisico.
    Secondo me, un modo per far si che anche i ragazzi di oggi si interessino di questo argomento è far immaginare loro un mondo senza frontiere, quale motivo avrebbero per odiarli?
    Eppure nonostante l’intelligenza di alcune persone aumenti, di certe diminuisce, difatti ancora oggi persone di colore e stranieri muoiono soltanto perchè sono come sono.
    Purtroppo mi dispiace dirlo ma, secondo me, per certi versi il mondo non è civilizzato mentalmente tanto quanto lo è fisicamente.

    Contenuto abbastanza buono anche se in alcuni punti da approfondire anche facendo riferimento esplicito a documenti, testi, situazioni viste durante l’anno attraverso le quali spiegare, chiarire meglio ciò che dici. Sintassi corretta, ma rivedi correzioni. In qualche punto non sei chiarissimo.

  • Gigia scrive:

    Tema 1: Il razzismo

    Il razzismo è una piaga sociale, perché è la paura di qualcosa che noi non conosciamo e che riteniamo pericolosa ad impossessarsi di noi e a renderci razzisti; molte volte, anche chi crede di non essere razzista sbaglia, perché ci sono sempre dei momenti in cui ti ritrovi a pensare male degli immigrati.
    La causa per la quale molte persone sono razziste, secondo me, è perché c’è poca conoscenza delle dinamiche e dei fenomeni legati al razzismo.
    Ma le persone sono razziste, anche per via, degli stereotipi che limitano i nostri orizzonti, perché ci rendono superficiali e non ci fanno vedere più in là del nostro naso. Questo non accade però, solo da parte nostra verso gli immigrati, ma anche viceversa, un esempio, è il testo che abbiamo letto in classe: “Vado a casa” dove un ragazzo, Yao si ritrova a desiderare di tornare nel suo paese natio, ma al check in, pensando che la guardia nera possa capire dalla foto che non è veramente lui, decide di andare dalla guardia bianca, che invece, vede la differenza e non lo fa passare.
    Spesso, le persone si ritrovano ad utilizzare termini sbagliati, un esempio è quando si definisce una persona immigrata, perché nera, anche se in realtà, nella sua vita ha sempre vissuto in Italia.
    L’unico modo per poter migliorare la situazione è iniziare a cambiare la mentalità delle nostre generazioni e di quelle future, solo così si potrà avere una svolta. QUESTO E’ UN PUNTO DA APPROFONDIRE
    Un altro modo che potremmo utilizzare è quello di tentare di immedesimarci negli immigrati, così da poter finalmente comprendere i loro problemi per non giudicarli e anche perché, spesso quando ci troviamo in situazioni complicate che non ci saremmo mai immaginati, come essere seguiti da una persona con problemi mentali o fisici perdiamo il controllo della situazione, perché non sapendo cosa fare incominciamo ad allontanarcene per paura e finiamo con il farne noi una brutta figura. NON CHIARISSIMO, MEGLIO SPECIFICARE, CHIARIRE
    Per quanto riguarda il problema della cittadinanza, io non trovo giusto che chi nasca in Italia debba sempre rinnovare il permesso di soggiorno, perché a volte, sono proprio le persone che non sono italiane, a parlare la nostra lingua meglio di noi ed è per questo che hanno tutto il diritto, di essere riconosciuti dallo stato come dei cittadini italiani.
    Secondo me, infatti, è dallo stato che parte tutto l’odio verso i clandestini; un esempio è il film “Terraferma”, dove ci sono due leggi in contrasto tra loro: la legge del mare e la legge dello Stato; infatti, la prima dice di soccorrere chiunque si trovi in mare, senza fare differenza di lingua, cultura o classe sociale, mentre, la seconda vieta a tutti di soccorrere gli immigrati, anche se, sono in fin di vita.
    In fine Infine, per riassumere, l’unico modo che abbiamo per migliorare la situazione, ma anche per ampliare la nostra conoscenza e cultura è quello di fare ricerche e di non limitare i nostri orizzonti per riuscire ad arrivare in fondo al nocciolo della questione, solo così la nostra mentalità sarà più aperta e potremo aiutare le generazioni future a migliorare le condizioni di vita degli immigrati e di tutte le persone che ogni giorno vengono maltrattate ingiustamente.

    Contenuto abbastanza buono perché fai anche riferimento a documenti e testi visti in classe; tuttavia credo che ci sia lo spazio per approfondire i singoli punti che tocchi, anche facendo riferimento ad altri materiali e/o discussioni fatte. Sintassi corretta ma fai attenzione a come usi la virgola: spesso separi elementi della frase che vanno invece insieme.

  • DJGoRdY scrive:

    Il mio vecchio Tom (TRACCIA3)
    Non capivo perchè si comportava così, si isolava da tutti, non abbaiava più, non mi leccava più, il mio vecchio Tom mi stava lasciando, si dovevo accettarlo, il cane con cui avevo passato tutta la mia vita si stava spegnendo, ormai il suo pelo era diventato ispido, duro, più duro di un sasso non si poteva neanche accarezzare, i denti ormai erano tutti ingialliti e pieni di macchie nere, l’alito era sempre pesante come se gli ultimi minuti della sua vita li stesse buttando fuori proprio da essadalla bocca. Eravamo lì a combattere nella clinica dove fin da piccolo era stato curato, in quei minuti di disperazione non sapevo che fare, ripensavo a tutti i momenti passati insieme, ma erano troppi, con lui passavo ogni secondo della mia vita, era la cosa che amavo di più al mondo ed ora purtroppo all’età di quindici anni lo avrei dovuto lasciare su un pezzo di ferro gelido, duro, con sopra le mani dei veterinari che facevano il possibile per salvarlo da un arresto cardiaco. Provavano a fare di tutto ma non c’era niente da fare, il mio piccolo Tom mi doveva lasciare, era destino. Nei suoi occhi ormai semi chiusi capivo le pene che stava passando o meglio che aveva passato perchè ormai il cuore aveva cessato di battere e pompava sangue solo grazie alla forza dei dottori che comunque si impegnavano al massimo pur di salvare la vita di un cane.
    Ormai l’aria era tagliente, fredda, silenziosa, non si sentiva neanche più il piccolo fruscio che di solito creava l’aria quando spostata, si sentivano solo gli affanni disperati e demotivati dei dottori che ormai non sapevano aimè né che dire né che fare. Ad un tratto una voce però, una voce, distrusse in mille pezzi questa atmosfera, era la voce della dottoressa, che aveva detto è morto. La voce era sembrata prorompente, impetuosa ma non era così, era soltanto l’atmosfera cheta ed innocua che la aveva resa tale ma in realtà era stato soltanto un piccolo sibilo.
    Una volta ascoltate quelle parole scoppiai internamente, le mie vene erano così sporgenti che chiedevano pietà, le mie lacrime erano così bollenti che quasi mi scottavano il viso, non potevo pensare neanche per un secondo che il mio Tom non c’era ci fosse più: non respirava più, il suo cuore non batteva più, non abbaiava più. Tutto ciò mi rendeva pazzo, una parte del mio cervello non lo accettava così da rendermi la vista offuscata dalla disperazione come quando si piange ininterrottamente. Fu così però, con un semplice addio e una modesta carezza, che salutai per sempre il mio Tom. Lui mi aveva colorato la vita per anni ed io ora non potevo ripagarlo se non con quei semplici gesti. Dopo il primo addio però gliene dissi un secondo, un ultimo purtroppo:”Addio Tom, osservami da lassù”.

    Buono lo stile, il flusso dei pensieri e la narrazione riescono a far percepire la situazione, le emozioni del personaggio. Guarda come ho corretto in alcuni punti la punteggiatura.

  • ⓛⓞⓥⓔM@Rg¥εïз scrive:

    Non riuscivo a dormire.
    AIl solo pensiero che il mattino seguente mi sarei dovuto recare nella classe di una scuola media, mi faceva rabbrividire.
    Come mi sarei comportato?
    “Buongiorno ragazzi io sono il vostro nuovo supplente di Italiano e mi chiamo Paolo Dori e oggi vi presenterò, grazie al vostro libro di letteratura e le mie conoscenze su questo argomento, un noto scrittore italiano del Novecento, Luigi Pirandello”. No, non potevano essere queste le mie prime parole, mi avrebbero, già dal principio, tirato palline di carte e sfoderato, magari, qualche insulto sulla mia professione, dovevo trovare un rimedio.
    Mi misi a pensare a come e quale sarebbe stata la prima impressione che avrei suscitato, se sarei apparso abnorme, sciocco o inutile…si sarebbe visto.
    Non riuscivo a dormire, gli incubi prevalevano sulla mia lucidità mentale, a tal punto da non riuscire a farmi ragionare e farmi addormentare sereno.
    Basta, dovevo cercare di chiudere gli occhi, se no, avrei fatto ancora più impressione con le occhiaie e il volto stanco, dovevo dormire e pensare al problema “Lezione” il mattino seguente.
    Solo dopo due lunghe ore mi addormentai in un sonno profondo.
    Un suono acuto e fastidioso mi perforò l’udito, era la sveglia, era giunta l’ora, erano le sette.
    Mi alzai e con gran scombussolamento per la stanchezza mi diressi verso l’armadio dove avrei scelto cosa indossare quel fatidico giorno.
    Jeans e camicia o giacca e cravatta? Una decisione che avrebbe facilitato la mia presentazione. Vada per jeans e camicia.
    Erano le otto meno venti ed ero in largo anticipo, ma per fortuna, perché per trovare posteggio ci impiegai da 10 ai 15 minuti. La folla di ragazzi accalcata di fronte al cancello d’entrata non mi facilitava il passaggio tanto che dovetti farmi spazio in mezzo alla mandria con la valigetta con dentro il necessario per superare una faticosa giornata di lavoro con una terza media.
    Arrivai all’entrata, nell’atrio, dove chiesi informazioni alla bidella:”Buongiorno, mi scusi, io sono il nuovo supplente di lettere dovrei insegnare nella classe 3…..G, dove posso trovarla?”
    – “Aaah si, il nuovo supplente, si certo la classe è in fondo al corridoio del secondo piano”
    – “Grazie mille e buona giornata”
    – “Si figuri e…buona fortuna, non si sa mai con la 3G….”
    Le ultime parole di quella signora non mi dettero tanta carica, le quali mi fecero pensare piuttosto che la 3G non era fosse di certo una classe di angeli e nemmeno la migliore, ma dovevo ancora vedere. Trovai l’aula e mi ci diressi dentro entrai, appoggiai la valigetta, scrissi il mio nome alla lavagna e mi sedetti, in attesa che arrivassero tutti i ragazzi. Suonò la campanella, ero agitato, stava per accadere, stavo per insegnare e presentare Pirandello in una classe terza, non ci potevo credere.
    Arrivarono tutti e poco prima di presentarmi sentii già qualche commento inaudito del tipo”Ma chi è quello lì?!” “Che scemo” “Hai visto che camicia? Assurda!”. Dovevo stare calmo e iniziare il mio discorso:”Buongiorno a tutti ragazzi, come sapete io sono il vostro nuovo supplente di Italiano e oggi inizierò con il parlarvi di Luigi Pirandello, un noto scrittore del Novecento”.
    Schiamazzi, lamenti, grida, non gli piaceva l’idea, ma non ci potevo fare nulla, l’argomento era quello e io dovevo trattarlo, cercando di coinvolgerli nello stare attenti. Iniziai con il pronunciare le prime parole:” Nel 1900 Pirandello decise di occuparsi del tema dell’identità e di come l’uomo avesse i suoi problemi di identità esistenziale”.
    Mi stupii, i ragazzi mi stavano ascoltando e uno aveva anche una domanda da pormi:”Come mai decise di occuparsi proprio di questo tema?”
    -“Perché voleva raffigurare l’uomo come un essere che si perde in un labirinto dove la verità ha mille facce sfuggenti, dove l’uomo di tutti i giorni si perde nella banalità, voleva raffigurarlo come un uomo normale e non come un superuomo come avevano fatto tutti gli altri”.
    Non ci potevo credere, mi stavano davvero ascoltando e si stavano interessando anche se spiegavo normalmente, non pensavo sarebbe stato così facile, ma per ora lo era.
    Continuai:”Su questo tema, quello dell’identità, Pirandello scrisse una celebre novella un celebre romanzo intitolato “Il Fu Mattia Pascal” che racconta di come questo uomo, con crisi di identità esistenziale, scappa dalla sua casa e torna dopo due anni, trovando tutta la sua vita sconvolta, in questo testo, oltre a giocare sul tema appena detto l’autore fa riferimento anche al tema della alla maschera”
    -“La maschera?”. Mi disse una ragazzina dalla voce appena accennata.
    -“Si esatto, la maschera, per farvi capire meglio ora vi darò un altro racconto di Pirandello “La Patente”. Consegnai tutti i fogli guardando ogni singolo alunno in faccia, erano stupiti, affascinati e questo mi rendeva felice, orgoglioso ero riuscito ad attirare la loro attenzione.
    Iniziammo a leggere, fermandoci sui punti che non capivano e spiegandoli, attraverso metafore e similitudini. Quando finimmo di leggere feci subito una domanda:”Dal testo, come abbiamo potuto capire, Chiarchiaro ha una maschera addosso, ma quale?”
    Un ragazzo mi rispose senza neanche alzare la mano, era entusiasta.
    -“Facile, il vestito nero, il cappello, gli occhiali anche per questo veniva considerato uno iettatore”
    -“Eccellente, bravissimo, la risposta del vostro compagno è centrata! Il Chairchiaro vuole la sua patente e pur di averla si veste da iettatore, si pone una maschera, il vestito. Visto che siete così bravi….chi mi sa dire cosa sia la patente?”
    Mi trovavo davanti dieci mani alzate, pronte a rispondermi ma ne scelsi una, una che non avevo ancora sentito.
    -“La patente è un riconoscimento, un riconoscimento della sua iettatura”
    -“Esatto! Ma secondo voi, perché vuole la patente…?”
    Ventiquattro mani alzate, tutte con idee diverse:” Per guadagnare, per farsi notare, per essere reintegrato nella società…”
    Io entusiasta risposi:”Tutte le risposte sono giuste, infatti Chiarchiaro Voleva la patente per iniziare a lavorare e a guadagnare soldi, tanto che ad un certo punto si fa un listino prezzi. Adesso parliamo di un’altra grande opera di di Pirandello “Il Fu Mattia Pascal” un romanzo umoristico che come vi ho già detto prima parla di Pascal che torna a casa sua dopo due anni trovando tutto scombussolato e ritrovandosi con due identità e questo è un elemento che contribuisce a far diventare il racconto umoristico”.
    Leggemmo insieme anche questo racconto e dopo lo commentammo, ed uno a uno gli chiamai e gli chiesi quali elementi facessero parte dell’umorismo e le loro risposte furono:”I comportamenti tra Pominio e Mattia, quando la suocera chiama “imbecille” Pascal, il dialogo, le battute sarcastiche, la scena davanti alla porta..”.
    -“Esatto, bravissimi, oggi avete imparato molte cose tra cui due nuovi temi molto importanti: l’identità e la maschera, due temi fondamentali e celebri di Pirandello, ricordateveli e non dimenticate, noi tutti siamo dei personaggi pirandelliani, ognuno di noi si perde nella più assurda banalità senza, a volte, riuscire a uscirne, in quanto noi, non siamo superuomini”.
    In quella lezione ero riuscito ad attirare l’attenzione di ventiquattro ragazzi e a farli capire che la letteratura non è poi così tanto male. Ci fermammo e subito dopo 5 minuti suonò la campanella, la campanella che ci divise.

    Bene, a parte il fatto che introduci “Il fu Mattia Pascal” due volte perché forse nel primo caso non sei del tutto convinta, il contenuto è buono e la scrittura anche. Il racconto è piacevole, coerente, articolato e permette di cogliere anche i riferimenti a Pirandello. Brava.

  • The GIAMBI MAN scrive:

    “Non capivo perché si comportava così…”

    Era una mattina soleggiata e fresca di primavera. Ero pronto per andare a scuola , non perché avevo voglia di imparare le equazioni o una nuova formula geometrica, per carità!. Ci venivo solo per incontrare il mio migliore amico , il suo nome è Sebastian. E’ un ragazzo molto solare, molto simpatico , in ogni frase tira giù sempre o una barzelletta o una freddura che a me fanno sempre schiattare dal ridere. Dopo essere sceso dal pulmino della scuola lo vidi, ci avvicinammo e gli porsi la mano per avere di cambio un bel 5 che si sarebbe sentito da lontano. Con uno scatto fulmineo mi schiaffo battè la sua mano contro la mia e si mise a ridere. Arrivati in classe , durante la lezione non facevamo un gran che, non siamo delle persone che a cui non gli e ne gliene frega niente della scuola ma neanche dei secchioni sfegatati. All’intervallo parlavamo sempre del più e del meno: videogiochi, film, musica, prendevamo in giro la scuola, …ma certamente anche di ragazze. Le nostre giornate insieme, sia a scuola che a casa, erano perfette e piene di divertimento; ma un giorno cambiò tutto. Se conoscete i livelli sociali delle scuole saprete sicuramente che al primo posto ci sono gli snob, al secondo i bulli, al terzo le persone “normali” e infine i secchioni. D’inverno, quando stavamo tornando in classe Sebastian fece per sbaglio cadere la professoressa Whatson facendole cadere tutti gli appunti e le verifiche. Mentre io e Sebastian stavamo per rialzare la prof tutti i ragazzi del corridoio gli fecero un applauso molto lungo insieme a schiamazzi e urla. Non so cosa passava passasse per la mente a Sebastian ma non credo che sia fosse una cosa molto simpatica. Dopo questa sceneggiata accaduta non per propria volontà, e sottolineo non di propria volontà, batté le mani a i vip della classe anche se non lo aveva mai fatto prima e fece un sorrisetto maligno. Da quel momento in poi so che è cambiato in male e in peggio. Ogni volta che andavamo a mangiare non è era mai capitata una volta che non ci sedevamo sedessimo vicini. Dopo quello che era successo in corridoio per lui non sedersi vicino a me era diventata un abitudine. Faceva scherzi di cattivo gusto a tutti i suoi compagni: metteva la colla sulla sedia , lanciava da dietro il muro palle di neve con dentro cacca di cane e rispondeva sempre male a tutti. Era cambiato, non capivo perché si comportava comportasse così, era un bullo.
    L’anno seguente, dopo le vacanze di natale , lo vidi con un occhio nero arrivare in classe e dirmi: “Cosa ho fatto?, cosa ho fatto?”. Sembrava un poveraccio in cerca di spiccioli , mi faceva pena. Gli chiesi perché in questi ultimi mesi si era comportato da villano e menefreghista, potevo accettare con difficoltà se se la prendeva solo con me, ma con tutti era una cosa irragionevole. Mi rispose che voleva tutto : voleva la fama nella scuola, essere rispettato da tutti, essere anche temuto da tutti. Con un piccolo gesto di empatia accettai le sue scuse e pensai: ”Anche se ha sbagliato è pur sempre il mio migliore amico, la persona che mi incoraggiava, la persona che mi aiutava, la persona che mi divertiva. Era ancora cambiato, questa volta non in senso negativo. Mi porse la sua mano e io gli diedi un 5 che si sentì pure da lontano.

    I fatti narrati in questa vicenda sono del frutto della mia immaginazione.

    Va bene la storia ma soprattutto nella seconda parte (da metà in poi) sbagli spesso i tempi verbali. Ne ho corretti alcuni ma tu prova a rivederli tutti.

  • Mtnago scrive:

    tema numero 2.

    Sono uno studioso di letteratura e mi preparo per tenere una lezione in una terza media domattina.
    Devo dire che sono terrorizzato al pensiero degli scolari che potrei trovarmi davanti.
    scrivo qualche appunto solo come promemoria ma confido nelle capacità dei ragazzi per sviluppare la lezione.
    Quella notte fu difficile prendere sonno e parecchie volte mi svegliai di soprassalto, ma finalmente arrivò la mattina.
    Con la mia vecchia auto, arrivai nelle vicinanze del centro commerciale e poi alla scuola Borsi entrai e la commessa mi indicò le scale, tre piani per arrivare nella “fossa dei leoni”.
    Nemmeno il tempo di bussare e ventitré voci urlarono in coro “avanti”!, fui però molto sorpreso da quelle facce ordinate ed educate che stando seduti nei loro banchi tutti in coro mi dissero “buon giorno professore”.
    cominciai a parlare, ora non ricordo nemmeno cosa dissi esattamente, finché non arrivammo al tema della lezione.
    chiesi dunque se qualcuno voleva iniziare a espormi le sue idee e le sue conoscenze in merito a GIOVANNI VEGA, che era l’argomentazione della giornata.
    Dai prima banchi si alzò una mano e un ragazzo quasi timidamente iniziò a raccontare che Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840, trascorse li la sua giovinezza, condivise gli scopi della spedizione di Garibaldi nel 1860 e sostenne gli ideali dell’unità di Italia, si trasferì poi a firenze e a Milano e iniziò una grande carriera di scrittore.
    con Rosso Malpelo e i malavoglia si pone il problema della miseria e della ignoranza di masse di popolazione.
    Con questo romanzi Verga si era prefisso di descrivere la società del suo tempo partendo dai livelli più bassi della scala sociale, per arrivare a quelli più elevati.
    considero Verga uno tra i più grandi narratori dell’800 ; ha sicuramente posto le basi per lo sviluppo del romanzo moderno ponendo il narratore al centro del punto di vista.
    Quando finì di raccontare la storia di Verga, e ciò che lui aveva capito e approfondito sopratutto leggendo Rosso Malpelo una campanella ci liberò e mi parse che con sollievo i ragazzi e io stesso ne fossimo contenti.

  • ▒ℒąŋƇḝ▒ scrive:

    Tema numero 3
    Un duro colpo

    Non capivo perché si comportava così perché non avevo commesso nulla che avesse potuto farle del male.
    Appoggiai la testa sulle mie mani facendo colare grandi goccioloni di lacrime che spesi su di quell’adorata persona, non potevo credere che da tanto forte che ero mi riducessi a tanto; di una cosa ero certo: l’amore mi aveva rammollito. Sapevo che l’unica cosa da fare era andare avanti e cercare di essere ancora più forte di quanto io potessi essere prima di questo pianto amaro. La ragione non la sapevo neanche io esattamente perché era un insieme di emozioni che si erano accumulate in questo periodo. Non cessavo perché in un giorno avevo perso la cosa a cui tenevo di più, lei una ragazza che da fuori sembra come tutte le altre ma che in realtà dentro ha una grande voglia di vivere, di riscattarsi, lei si che era una persona forte. Cadevano gocce ed ognuna aveva il suo significato che poteva essere un piccolo torto subito o che poteva essere la fine di un amore come in questo caso. Non mi definivo una donna ma ritenevo solamente che un pianto ogni tanto faceva bene. Non volevo fazzoletti perché se no avrei ostacolato l’opera miracolosa di questo avvenimento che ha avuto un opera purificatrice. Ero lì seduto in mezzo alla mia stanza dipinta con rosso, giallo e arancione erano tutti colori troppo sgargianti perché io avevo solo un colore in mente il grigio che significava tristezza e malinconia, giacevo lì immobile raggomitolato con le braccia intorno alle ginocchia e la testa in mezzo, pensai solo ed esclusivamente a lei a quanto potesse mancarmi e quanto vuoto aveva lasciato nel mio cuore ormai in frantumi per il gran colpo preso che reputai una botta ben assestata. Per ora pensavo a come avrei potuto uscire da questo stato ma l’unica cosa che tirai fuori dalla mia mente era il nome di Sara la ragazza che tanto avevo desiderato e fatto mia ma che purtroppo aveva capito troppo tardi che io non ero quello giusto per lei e che potessi essere solo un suo e inutile amico uno di quelli che le sta vicino e la aiuta, ma non volevo perché se no avrei ricominciato a pensare a lei e a sentire quel buonissimo profumo di vaniglia che riconoscerei ovunque. Chiedevo solo una cosa avere lei al mio fianco così avrei potuto buttarmi sempre fra le sue braccia e poi baciarla delicatamente sulla bocca e dirle che la amo, ma tutto questo ormai era una illusione tutto i miei sogni e progetti si erano frantumati al suono di quella frase:” Ho capito troppo tardi che tu per me sei solo un amico”, ero certo che odiavo l’amore tanto che lo reputai una cosa schifosa una cosa che non può esistere e che nessuno tiene in considerazione neanche chi prova qualcosa anche se in piccola parte. Mentre cadeva una lacrima intravidi in essa una scena che avevo trascorso in compagnia di lei in cui ridevamo, scherzavamo e fu lì che la baciai per la prima volta; un altra lacrima cadde e si perse in quel pavimento grigio che raccoglieva tutto. Ripensai a quella frase che mi disse un giorno:” Quando un giorno io ti lascerò tu sii forte e non pensare che il mondo finisca perché ci saranno molte altre dopo di me” io non le volevo credere perché lei era tutto il mio mondo e non riuscivo a farmene una ragione. Ad un tratto sentii suonare il campanello ma non andai ad aprire e aspettai che mia madre lo fece al posto mio, non riuscii a sentire chi era fuori e poi quel silenzio che c’era nella mia stanza venne distrutto dal rumore della porta che si apriva, non sapevo ancora chi fosse ma sicuramente non era Sara. Percepii uno strano brusio nel petto come se il mio cuore tutto ad un tratto si fosse ricomposto e avesse ricominciato a pompare sangue, nello stomaco un’ondata di farfalle lo invasero e riconobbi quell’odore inconfondibile di vaniglia che avevo tanto amato; non capivo il perché era venuta a casa mia perché ormai mi aveva scaricato. In fretta asciugai le grosse lacrime che solcavano il mio viso, volli solo ascoltare cosa aveva da dire: mi si avvicinò e stringendosi a me mi disse:” Sono stata molto stupida e non avrei mai dovuto lasciarti perché sei unico e un occasione così non me la sarei mai dovuta fare scappare” perplesso le risposi:” Ok ma arriva al punto, che cosa vuoi dirmi?” con voce dolce e posata mi spiegò:” Io ti ho lasciato perché avevo paura di quello che stavo provando per te e di quello che la nostra storia potesse diventare, il fatto è che io sono stata inconsapevole di quello che ho fatto ed ho commesso un grande errore a cui voglio rimediare, allora, potremmo ricominciare da dove eravamo rimasti?” tutta la mia tristezza svanì e il grande muso lungo che avevo tenuto si tramutò in un grande sorriso che sapeva dire tutto senza che io avessi dovuto parlare, lei nell’immediato capì e mi ricambiò; prontamente la abbracciai e romanticamente le sussurrai in un orecchio:” Quando hai un problema o una paura riferiscimela così l’affronteremo insieme perché il significato di amore è anche di aiutarsi a vicenda”. La stessa sera non chiusi occhio perché ero troppo impegnato a recuperare quel tempo perso con lei. Questo brutto malinteso finalmente si era risolto e così avrei potuto continuare la mia dolce vita con la mia dolce metà.

  • Saretta98 scrive:

    Tema numero due
    Quella notte ebbi gli incubi.
    Sognai mille volti che mi ridevano in faccia e il doppio delle mani che mi tiravano palline di carta,i classici studenti di terza media ad una lezione di letteratura.
    La mattina decisi appena sveglio di vestirmi con una maglietta fucsia, dei pantaloni gialli e un paio di occhiali con una montatura grossa ed una lente rotonda che mi scivolava molto spesso sul naso.
    Uscii di casa convinto che quel giorno nelle teste di quei ragazzi avrei lasciato un’impronta, sperando che essa fosse indelebile.
    Dallo sguardo che avevano le persone nel guardarmi il mio piano stava funzionando alla perfezione.
    Infatti, le loro facce assumevano man mano che gli passavo davanti un’espressione di un mimo quando vede un suo amico mimo parlare. Le loro bocche si aprivano e i loro occhi sembravano non volere più vedere niente in quei secondi in cui io gli passavo davanti.
    Arrivai a scuola, salii le scale ansimando a causa della mia veneranda età e mi diressi verso la porta blu con su scritto:”3G”.
    Bussai e mi precipitai dentro senza far finire il coro che diceva:”Avanti.”
    Il mio piano aveva funzionato, ero riuscito a far tacere la classe per pochi secondi perchè tutti mi guardavano come se fosse appena entrato un alieno che parlava un’altra lingua.
    Pochi secondi dopo il caos.
    Le risate decoravano la classe ma infastidivano le mie orecchie.
    Camminando in mezzo ai banchi ed esaminando i loro volti scolareschi, ne indicai uno con il dito gridandogli: “Alzati! Ragazzo rispondi alla mia domanda. Perchè ridi?”
    Il silenzio prese il sopravvento sul caos e la classe tornò nella pace totale.
    Quel ragazzino prima di dare la sua risposta decisiva iniziò a scrutare la classe come se essa solo con il pensiero potesse aiutarlo.
    Magari pensò “Perchè proprio a me?” ma in quel momento la vicenda era tra me e lui.
    Mi guardò, facendosi sfuggire l’ultimo ridsolino e mi disse:”Perchè non sembra una persona a posto.”
    “Ecco era proprio quello che volevo sentirmi dire. Siediti grazie.”
    La classe alle mie parole rimase sbigottita, le loro bocche si erano aperte e i loro occhi seguivano ogni movimento che il mio corpo faceva.
    Andai alla lavagna e iniziai a pronunciare le seguenti parole:”Perchè mi date della persona anormale?
    Perchè pensate tutti la stessa cosa su di me?
    Perché non posso essere semplicemente “il vostro professore di lettere?
    La mia voce era ipnotica e i ragazzi ormai avevano la mia attenzione: chi comincia bene finisce ancora meglio, pensai tra me e me.
    Continuai pronunciando in modo soave, dolce:” Tutto ciò che avete detto voi su di me è giusto.
    Ci fu nel lontano 1900 un uomo che scrisse sul tema dell’identità: Pirandello.
    Uomo nato per scrivere e divenuto nei secoli indimenticabile.”
    La mia bocca si fece sfuggire un sorrisino perchè una ragazza aveva la mano alzata.
    La feci parlare e lei con la sua vocina prorompente mi domandò:”Cosa significa il tema della maschera?”
    “Ottima domanda”-feci con entusiasmo nella voce.
    Mi precipitai alla lavagna come un treno ad alta velocità che raggiunge la stazione.
    Iniziai a disegnare girandomi qualche volta dietro per scrutare i miei allievi che però non toglievano neanche un secondo gli occhi da me.
    Finì Finii il disegno e mi voltai domandando a voce altissima dall’esclamazione:”Che cosa vi sembra?”
    Un ragazzo disse con voce debole e fioca:”Un labirinto con un uomo perplesso.”
    “Esatto!Ma non è un labirinto è il labirinto. In questo disegno c’è la spiegazione dei testi che Pirandello scrive. L’uomo, essendo passato il periodo dell’ottimismo, si perde in mille verità possibili.
    Le verità vengono identificate con un labirinto.”
    Una ragazza mi interruppe dicendo:”Ma in questo labirinto si vede subito la soluzione per uscirne.”
    “Esatto! Ed è proprio questo l’uomo si prede in mille verità ma che caratterizzano la sua vita quotidiana.”
    Distribuii velocemente delle fotocopie, una per ogni ragazzo.
    Un ragazzo mi guardò e mi disse:”La patente?”
    “Bravo ragazzo, ottima domanda ma la pongo a voi. Che cos’è una patente?”
    Mille mani si alzarono al soffitto e sul mio viso comparve un enorme sorriso che scopriva ogni dente.
    Gli Li feci parlare tutti e le parole che uscirono furono:
    Status, pezzo di carta di valore, identità, merito.
    Finito di leggere il brano i punti interrogativi spuntavano sui loro volti.
    Mentre la lettura continuava camminavo per la classe, ma letta l’ultima frase mi fermai precipitandomi alla cattedra.
    “Il testo che abbiamo appena letto narra la stessa situazione di quando sono entrato stamattina, infatti spiega il tema dell’identità e della maschera.
    La maschera in questo brano è il vestito nero che lui indossa per essere identificato come iettatore, lui che prima di sfortuna già ne aveva.
    Voi quando io sono entrato in classe e vi siete messi a ridere siete diventati i miei testimoni e nel brano i testimoni sono il popolo che al suo passaggio toccano un oggetto anti iella.
    I testimoni hanno un compito vitale, lo aiutano ad avere la patente ovvero un valore esistenziale che lo identifichi.
    Quando il ragazzo che ho indicato per rispondere alla mia prima domanda ha esaminato gli occhi dei suoi compagni e quando tutti voi vi siete messi ha ridere al mio passaggio avete assunto il ruolo del popolo ovvero una massa indistinta superstiziosa, conformisti. Tutti tranne lei.”
    La indicai con il mio indice lungo è snello, lei chinò il capo ma io prontamente continuai dicendo:
    “Lei è stata l’unica a distinguersi dalla classe, lei ha assunto il ruolo del giudice. L’unica persona che la pensava in un modo diverso dalla massa.
    Quindi affermo la mia prima teoria per avere una seconda identità ci vuole … ”
    I ragazzi mi precedettero urlando la parola: “Una maschera!!”
    La ragazza che prima avevo indicato ferocemente si alzò in piedi dicendo:
    “Sì, ma adesso ho assunto il secondo ruolo del giudice ovvero conformista perché penso che un po’ lei sia un po’ pazzo, ma mi piace.”
    “Brava . Ma passiamo al punto numero due. Perché uno vuole lavorare?”
    Le risposte dei ragazzi furono: “Per guadagnare, per portare lo stipendio a casa, per divertirsi, per avere un ruolo nella società, per contribuire allo sviluppo del mondo.”
    Io risposi: “Tutte le vostre risposte sono corrette e infatti il signor Chiarchiaro vuole la patente per iniziare a lavorare e a guadagnare soldi, infatti, nella scena finale di un video della Patente si vede il signor Chiarchiaro che fa il suo listino prezzi. Ma perché Pirandello dovrebbe chiamare il suo personaggio Chiarchiaro?”
    Il silenzio invase la classe.
    Iniziai a muovermi per l’aula indicando ragazzi che si alzavano e mi dicevano il loro nome mentre io prontamente gli li andavo a scrivere alla lavagna.
    Finito di scrivere mi voltai e domandai: “Perché tu ragazza vestita di viola i tuoi genitori ti hanno chiamata Chiara?”
    “Bho, forse gli piaceva quel nome.” Rispose con voce bassa e soffocata.
    “ Infatti anche a Pirandello piaceva quel nome per accentuare le caratteristiche di quell’uomo che di chiaro non aveva nulla. Per finire con questo romanzo testo io direi un bel detto e in questo caso fa al caso nostro “L’abito fa il monaco.”
    Quando sono entrato voi avete riso ed è lo stesso elemento che Pirandello aggiunge nei suoi temi : l’umorismo. Adesso leggiamo un altro suo romanzo “Il fu Mattia Pascal” in cui si trova il classico personaggio pirandelliano.” (ATTENTA: essendo aggettivo non vuole la maiuscola!)
    Iniziai a leggere con grinta ed intonazione senza perdere di vista la classe che seguiva attentamente il brano chi con il dito, chi utilizzando un righello o chi semplicemente con lo sguardo. Alla fine della lettura ci furono mille mani alzate.
    Chiamai un ragazzo alla volta. Il primo disse: “In questo racconto l’umorismo esprime una situazione di per se triste, ovvero avere due identità che si intersecano in un punto imprevisto.”
    Il secondo aggiunse: “L’umorismo viene espresso in modo esplicito nel comportamento strafottente che assume Mattia con Pomino. Ad esempio, quando lo chiama imbecille.”
    Il terzo dichiarò alla classe con voce potente: “Come nel brano “La patente”, dove si accentuano le caratteristiche, in questo brano si accentuano le descrizioni di Pomino e della moglie.”
    Il quarto più che dirlo lo cantò: “Viene espresso in modo esplicito anche attraverso le battute sarcastiche e il dialogo.
    Come ad esempio le parole megera e strega.”
    L’ultimo non parlò ma sussurro: “La scena in cui si concentrano tutte le fasi dell’umorismo è quella davanti alla porta dove Mattia vuole entrare nella sua vecchia casa.”
    A quel punto alzai la mano anche io e loro mi diedero il permesso di parola ed io inizia dicendo:
    “Fra pochi anni ci saranno i futuri Pirandello.
    Tutto ciò che avete detto è giusto infatti questo romanzo racconta di un uomo che, subito un incidente e creduto da tutti morto si finge morto tale e si crea una nuova identità, ma dopo due anni si pente di ciò che aveva fatto e tenta di tornare alla sua vecchia vita, ma è impossibile, allora ogni tanto torna sulla sua tomba a riflettere.
    La vita di Pirandello è molto lunga ma non ho intenzione di raccontarvela tutta ma, dovete solo sapere che oltre ad avere scritto questi due romanzi ha scritto un saggio “Sull’umorismo e ha messo in scena molte sue opere come ad esempio “Uno ,nessuno,centomila” e “Sei personaggi in cerca di autore” . Scrisse anche delle novelle che poi vennero riunite in una raccolta dal nome”Novelle per un anno.”
    Finii per tempo di parlare perché subito dopo ci fu il suono squillante della campanella.
    I ragazzi non si alzarono. Mi guardarono per un’ ultima volta e poi iniziarono il loro intervallo.

    Brava! Questo tema è davvero molto bello: è ricco nel contenuto, è scritto in modo corretto, è realistico ed è piacevole da leggere. Fai attenzione solo alla punteggiatura (virgole, spazi e punti) e ad un errore che compare due volte: gli /li. Gli si usa quando ha valore di comp di termine (es. Gli ho parlato, ho parlato a lui); Li quando c’è un comp oggetto (Li indicai = indicai quelli).

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