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In realtà in un’altra intervista Caproni aggiunge anche che la poesia dovrebbe usare pochissime parole perché la parola in qualche modo limita la descrizione della realtà e la realtà non si lascia quindi interamente descrivere neppure dal poeta. Poche parole, chiare, essenziali…Come poeta vuole essere incisivo. Ricorda Ungaretti e l’urgenza di dire il segreto, non credete?
Ascoltate l’audio.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

In pochi versi il poeta riesce a  creare un’immagine attraverso la quale esprime la sua riflessione sulla vita e sulla condizione dell’uomo.

I temi principali che possiamo ritrovare sono: la solitudine, l’intensità della vita, dell’esperienza umana che è in parte ricerca della felicità (il richiamo al sole) e in parte dolore (forse evocato dal termine “trafigge”)  il passare veloce del tempo (sottolineato da “subito”). E’ interessante vedere come ancora una volta il racconto della condizione dell’uomo è fatto con riferimento al mondo naturale, l’uomo di cui parla Quasimodo si trova sul cuor della terra.

Cosa vi comunica la poesia? A quali immagini e sensazioni collegate questi versi?

Per sapere qualcosa di più sulla vita di Salavatore Quasimodo

Cos’è per voi la felicità?

A che immagini la assocereste?

Per Montale è difficile da raggiungere e instabile.

Questo il testo che trovate anche sull’antologia

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e’ dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case

Portami il girasole

Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

Ascoltate l’audio.

Meriggiare” è la prima poesia che Montale decide di far pubblicare e fa parte della collezione “Ossi di seppia“. E’ una poesia che ben esprime la visione critica e negativa che il poeta ha della vita contemporanea.

Nel video è Montale stesso a recitarla!

Il linguaggio poetico è qualcosa che solo apparentemente è comune, ma che invece deve avere qualcosa in più! La parola che dice qualcosa di profondo e che non sempre si riesce a capire direttamente e che ha bisogno di uno spazio diverso da quello del racconto in prosa.

La poesia “I fiumi” (1916) compare nella raccolta L’Allegria; l’autore rievoca, con i propri ricordi personali, i fiumi che lo hanno accompagnato nella sua vita.

Scaricate qui il testo per seguire meglio la lettura.

Cosa vi colpisce di questa poesia?  Ungaretti dice che la poesia contiene un segreto…quale segreto compare qui?

Ci sono figure retoriche particolari? Il ritmo, il suono sono importanti secondo voi?

Giuseppe Ungaretti viene intervistato nel 1961 da alcuni giornalisti; ascoltandolo possiamo cominciare a capire chi era e che cosa pensava della Poesia e di alcuni poeti suoi maestri, tra i quali anche Leopardi.

Ma come scriveva le sue poesie?

X Agosto

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto :
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

Le tre poesie che vi presento sono tratte dall’opera “Myricae” ; il titolo significa “tamerici” ed è tratto da un verso delle Bucoliche di Virgilio: non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici.

Pascoli sceglie  le “umili tamerici” per indicare che l’argomento del libro sono le “piccole cose” e la sua vuol essere una poesia umile.
L’opera  riunisce 156 componimenti, risultato di quasi vent’anni d’attività poetica.
In “Myricae” il poeta affronta diversi temi  legati all’inquietudine, alle paure, agli affetti, all’infanzia, ecc. ma propone la sua riflessione  attraverso un linguaggio semplice, quasi infantile, ricorrendo alle descrizioni naturali e della campagna, della quotidianità a cui appartiene. Si potrebbe dire che si tratta di una  poesia “delle piccole cose”, ma attraverso la poesia Pascoli cerca di comprendere ciò che sta all’origine delle delle cose o appunto di indagare temi importanti. Per questo le parole divengono spesso simboliche: si parla apparentemente di qualcosa di “comune” ma si allude ad altro.
Per farvi un’idea guardate il video realizzato da Alberto Pian a partire dai testi di “Il lampo” e “Il tuono“: le immagini, la musica partono dai versi poetici ma vanno oltre.
I testi

Il tuono

E nella notte nera come il nulla,

a un tratto, col fragor d’arduo dirupo

che frana, il tuono rimbombò di schianto:

rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,

e tacque, e poi rimareggiò rifranto,

e poi vanì. Soave allora un canto

s’udì di madre, e il moto di una culla.

Il lampo

E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che,largo,esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.

Temporale

Un bubbolìo lontano. . .

Rosseggia l’orizzonte,

come affocato, a mare:

nero di pece, a monte,

stracci di nubi chiare:

tra il nero un casolare:

un’ala di gabbiano.

In questa poesia Leopardi riprende sempre il tema della natura matrigna e maligna, utilizzando la figura della luna, che dice essere privilegiata perché immortale rispetto all’uomo che ha una vita temporanea.

Il pastore simboleggia l’uomo che la notte va a dormire e che si perde nel sonno, non sapendo dove andare. Mentre la luna ha un moto differente: “sorge la sera”, si muove nella notte, ma è presente anche di giorno. Quindi, la luna non interrompendo mai il suo moto sa da dove viene e sa dove va.

La poesia però, riprende anche il tema del pessimismo storico, dicendo che il sonno e la morte sono fratelli e che quindi, anziché gioventù e sonno c’è vecchiaia e morte.

Nella poesia si parla, infatti, della povertà della vita, della sua precarietà e soprattutto della sua tragica conclusione, la quale finisce in un abisso, ossia la morte.

E voi, avete trovato altri temi? Quali?

Ascoltate l’audio della poesia recitata da Arnoldo Foà

Per leggere il testo cliccate qui

Scritto da Gigia

Leopardi raccolse alcune dei suoi testi in prosa nelle “Operette morali“, scritte nel 1824 ma pubblicate definitivamente nel 1835 dopo alcune revisioni. Le “Operette morali” raccolgono i temi cari al poeta quali, ad esempio, quello della relazione tra uomo e Natura, quello relativo al trascorrere del tempo, al contrasto tra i valori antichi e quelli moderni, ecc.  Il titolo allude al fatto che i testi siano piuttosto brevi, presentati con una certa umiltà, anche se chiaro è lo scopo, ovvero quello di offrire occasioni di riflessione sui costumi, sui valori.

Trovate qui il testo del “Dialogo della Natura e di un islandese” in cui viene proposta la visione della Natura maligna contro la quale l’uomo non può fare nulla e da cui non  è possibile neppure fuggire.

Ascoltate la lettura del testo.

(Fonte mp3: http://www.sebastio.uniba.it/sussidi.html)

La ginestra (1836)

La Ginestra per Giacomo Leopardi rappresenta grande fonte di ispirazione,  Leopardi è affascinato dal coraggio affiancato allo stesso tempo dalla fragilità posseduto dalla ginestra. Per Leopardi la Ginestra è il miglior esempio raffigurante l’uomo che può adattarsi alla sua condizione, accettandone i limiti.

Leggi qui il testo integrale della poesia.

Articolo di Brik rivisto

Ascoltate l’audio: Vittorio Gassman legge “L’infinito” di Giacomo Leopardi

Sapete fare altrettanto? Forse di meglio?

Oggi abbiamo cominciato a parlarne in classe e a vedere un po’ come è costruita la poesia ma soprattutto che cosa esprime. Eravate un po’ affaticati ma riascoltandola e rileggendola, che cosa vi viene in mente?

Vi piace? Vi comunica qualcosa? Insomma cominciamo a condividere qualche commento. Rucordatevi che ci interessano i vostri non quelli scritti da altri che trovate in internet!

Ecco qui il testo

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Dal vostro libro (pag. 329) la poesia di Sibilla Aleramo, “Nel bosco

Sono andata nel bosco

nel mattino ricco di luce
vagamente per te sperando di cogliere
dalla musica tenera dell’aria

qualche fresco sussurro di parole,
ed ecco ti porto invece
solo un poco di fragole rosse,
profumano e brillano
per la tua gioia, o amato.

Quali sono i suoni (le lettere o le sillabe) che ricorrono di più?

Che sensazione vi comunicano?

C’è qualche collegamento tra suoni e contenuto della poesia?

Vi piace la poesia? Perché sì o perchè no?

Dal vostro libro (pag. 326), la poesia di Cesare Vivaldi, “Mattino a Oneglia.

Stamattina a buonora mi risvegliano
le grida dei ragazzi entusiasmati
dai tuffi lungo il molo. Tutta Oneglia
sventola una marina di bucati

stesa davanti ai miei piedi, ed è ben sveglia
nel sole ogni finestra, insaponati
visi specchia; qualcuno unge una teglia
e vi dispone pesci infarinati.

Felicità d’esser vivi, e allegri
nel vento cogliere tutti gli odori
della città e del porto, la frittura,

il catrame che bolle. L’occhio ai negri
scafi dei lontanissimi vapori
si fissa. Come una nuova avventura.

Quali sensazioni vi danno il ritmo e i suoni della poesia?

Quali sono i suoni ricorrenti? Ad esempio, vocali, consonanti? C’è qualche legame con il contenuto?

Quali sono, secondo voi, i temi di cui scrive il poeta?

Dal vostro libro (pag 322), la poesia di Luciano Folgore: Paglia

Carri di paglia:
scricchiolio delle erbe secche
per tutta la città,
pestate dai piedi di vento fresco
in cammino verso il Sud.
Ditate di zafferano sugli alberi.
Una foglia,
due foglie,
tre foglie.
Desiderio di farsi trascinare,
a lungo,
oltre l’ovest,
dai rossi nastri del crepuscolo.


Quali sensazioni vi comunicano il suono e il ritmo?

Che tipo di suoni ci sono?

Quali immagini vi vengono in mente?

C’è una relazione tra suoni, ritmo e contenuto?

Secondo voi, che cosa vuole comunicare il poeta?

Dal film “La tigre e la neve” ecco qua le due scene in cui Benigni spiega come si fa a diventare poeta e cosa occorre per fare poesia, cosa si intende per poesia.

Quali sono le caratteristiche della poesia e cosa deve fare il poeta?

Secondo voi, cosa significa che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere?